Marco Besso
Marco Besso
Marco Besso nasce a Trieste il 9 settembre 1843 da una famiglia ebraica di commercianti.
Le capacità organizzative lo portano ad una rapida carriera nelle Assicurazioni Generali dalla direzione di varie sedi in Italia fino alla presidenza.
Uomo dai mille interessi e dal raro equilibrio tra rispetto delle tradizioni e spirito d’innovazione, è coinvolto nella vita finanziaria e industriale italiana ed europea con incarichi di presidente, consigliere di amministrazione di banche e società soprattutto nel campo delle imprese elettriche e di trasporti.
Legato profondamente agli ideali e ai protagonisti del nostro Risorgimento, partecipa attivamente alla vita politica. Nel 1875 riceve in Campidoglio la medaglia per i benemeriti della liberazione di Roma. Nel 1874 a Firenze sposa Ernesta, figlia di Isacco Pesaro Maurogonato, patriota e senatore del Regno d’Italia, con la quale ha quattro figli: Lia (1875-1947), Salvatore (1877-1882), Iso (1880-1882), ed infine Salvatore (1884-1912).
A Roma che considera “patria di adozione”, acquista nel 1905, l’ex palazzo Strozzi, nell’attuale Largo di Torre Argentina realizzando il sogno della sua vita: “possedere una biblioteca vera e propria” nella propria casa.
Numerose sono le sue pubblicazioni: scrive testi fondamentali per lo sviluppo del settore delle assicurazioni, della legislazione sociale e commerciale; mentre i suoi “lavori letterari”, come lui li definisce, si intrecciano con la formazione della sua Biblioteca: Roma e il papa nei proverbi e modi di dire (1904), La Fortuna di Dante fuori d’Italia (1912), il Philobiblon di Riccardo de Bury (1914) e l’Encomium morias di Erasmo da Rotterdam (1918).
Due anni prima della sua morte, nel 1918, istituisce la Fondazione Marco Besso, a lui intitolata, i cui scopi sono chiaramente sintetizzati nelle prime tre fasi del suo Statuto:
“Incremento dell’economia nazionale, Miglioramento morale e sociale delle classi lavoratrici e medie, diffusione della cultura generale”, e apre la Biblioteca al pubblico.
“…ed infine ho istituito, con scopi più ampi e con mezzi che spero
non saranno inadeguati, la Fondazione alla quale volli dare il mio
nome e la mia casa, come le ho assicurata la mia biblioteca e
le mie collezioni, poiché era giusto e legittimo che la città che
(Autobiografia, 1925 p.190-191)
benevolmente mi accolse giovanissimo e che fu la mia seconda patria avesse di me un durevole ricordo e godesse dei frutti dell’opera mia..”.